Ogni rito ha la sua musica, ogni musica ha una sua anima: gioiosa nei momenti di festa, triste in quelli del dolore. Le marce funebri che accompagnano le Processioni del Venerdì Santo hanno, però, qualcosa che va al di là di questa semplice schematizzazione. Si tratta di musiche, per lo più di autori minori, che hanno al tempo stesso una mestizia ed una solennità che coinvolge chi le ascolta in un commovente rapimento. Queste musiche, composte per lo più per solennizzare le esequie, il Venerdì Santo si decontestualizzano, divenendo colonna sonora attesa e imprescindibile dei cortei degli incappucciati. Sempre più compositori per banda hanno dedicato parte della loro attività proprio alle marce destinate ad essere suonate per lo più durante le processioni della Settimana Santa. Autori come Cirenei, Herbin, Caravaglios, Orsomando, Ippolito hanno composto marce funebri con tessiture e coloriture che non hanno nulla da invidiare alla musica “alta”.
Altri, soprattutto autori ottocenteschi, hanno attinto a piene mani dalla tradizione lirica italiana: come non ricordare il trio della marcia funebre “Una lagrima sulla tomba di mia madre” di Amedeo Vella, che subisce una chiara ispirazione verdiana, o la stessa trascrizione della marcia funebre tratta dall’opera “Jone” di Enrico Petrella.
Le marce funebri hanno un loro andamento melodico abbastanza uguale: l’introduzione è sempre molto drammatica, anticipata da squilli di tromba e flicorni, modulata su registri alti. Immediatamente dopo, la marcia prosegue con la frase musicale che la caratterizza. Un altro momento musicale di alta drammaticità anticipa di norma il trio conclusivo. Quella del trio è, quasi sempre, una frase melodica molto dolce, quasi a voler stemperare la drammaticità della musica e a dare conforto a chi l’ascolta. Celeberrimi sono il trio della marcia funebre tratta dall’Opera 35 di Chopin, o quello struggente e dolcissimo della marcia “Pianto Eterno” di Pasquale Quatrano, o ancora quello della marcia “Ultimo Giorno”, del siciliano Cataldo Curri. La marcia si conclude con l’episodio caudale che riporta nuovamente la tensione drammatica della musica iniziale.
A Sorrento e in penisola sorrentina è tradizione che le marce funebri siano suonate dalle migliori bande musicali del mezzogiorno d’Italia. Complessi storici del calibro delle bande di Acquaviva delle Fonti, Gioia del Colle, Lanciano, Sturno, Conversano, Montescaglioso, Bracigliano hanno aperto i sacri cortei. Da alcuni anni anche l’ottimo complesso bandistico “Città di Sorrento” è tornato a suonare alla Processione del Cristo Morto di Sorrento raccogliendo sempre maggiori consensi.
Ma le musiche che caratterizzano le Processioni del Venerdì Santo non sono solo quelle delle marce funebri. Da molti anni, ormai, in testa ai cortei la banda musicale accompagna anche l’esecuzione dei cori, cantati da fanciulle o bambini, che, composti musicalmente da autori locali, per lo più religiosi o sacerdoti, raccontano lo strazio della Madonna o la passione di Cristo con parole commoventi ed accorate. Bellissimi sono i cori “Deh Popoli”, e “Il figlio mio” cantati a Sant’Agnello, o “Genti Tutte” del Reverendo Canonico Don Arturo Aiello cantato a Piano di Sorrento, o ancora “Ecco d’amor la vittima” cantato a Meta.
Scendendo nel dettaglio va detto che fino a pochi anni fa a Sorrento la Processione Bianca dell’Arciconfraternita di Santa Monica era aperta dal coro dei bambini che cantavano l’inno “All’Addolorata” del canonico Cantore Mons. Francesco Saverio Fiorentino. Come già detto a Sant’Agnello è ormai tradizionale il canto del “Deh Popoli”, mentre a Piano di Sorrento le fanciulle dell’Arciconfraternita dell’Annunziata cantano l’inno eucaristico “Genti Tutte”, ed i fanciulli dell’Arciconfraternita della Morte e Orazione cantano l’”Inno di Passione” ed “Il Calvario”, a Meta le donne dell’Arciconfraternita del Pio Monte dei Morti del Santissimo Crocifisso cantano invece gli inni “A Gesù Crocifisso” e “Stava Maria Dolente”, e soprattutto il gruppo “storico” dei bambini che ormai da quasi 80 anni accompagna le due processioni nere del Venerdì Santo.
Nella notte del Venerdì Santo eseguono il canto “Del Sacro dì”, scritto dal sacerdote metese Raffaele de Gennaro nel 1923, mentre nella processione del Cristo morto eseguono altri due Inni, ormai divenuti storici e popolari, vale a dire “Ecco d’Amor la Vittima” scritto dal canonico Costantino Cafiero nel 1918, e “Del Calvario” scritto negli anni 30 sempre dal sacerdote R. de Gennaro.
Ma l’elemento comune a tutte le Processioni resta il Salmo 50, il “Miserere” con tutte le sue varianti. Tradizionalmente il Miserere era cantato in stile gregoriano a tre o quattro voci (includendo quelle “bianche”), volgarizzato da un basso o baritono o da un tenore. Da alcuni anni alcune confraternite hanno introdotto altri “stili” come il “verdiano”: in questo caso il Miserere è tratto dalla celebre opera “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi. A Piano di Sorrento ha riscosso un enorme successo il “Miserere fiume” (circa quattrocento cantori formano il coro), dell’Aquilano Selecchi. Nel 2005, invece, i confratelli dell’Arciconfraternita della Morte di Piano avevano adottato l’altrettanto suggestivo motivo musicale composta da Monsignor Angelo Castellano.